PERCHE’ LA POESIA OGGI *


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Voglio aggiungere soltanto poche parole a quelle che sono state dette stasera.
E, innanzi tutto, per ringraziare Lucia Perrone Capano e Vito Santoro dell’impegno profuso nell’analisi dei miei versi, e per esprimere anche la mia profonda riconoscenza a Maria Elena Germinario, al Prof. Andrea Lovato, agli amici di “Obiettivo Trani” e dei circoli del cinema “Dino Risi” e “Vertigo” e, naturalmente, a tutti voi che mi avete onorato con la vostra presenza.

E poi per comunicarvi che, convinto come sono che un autore è già tutto nella sua opera, e che quindi un suo ulteriore commento non aggiungerebbe nulla al risultato che, al di là delle intenzioni, è sempre quello che conta, mi riconosco tranquillamente nelle valutazioni critiche di Lucia e di Vito.

Per chi, tuttavia, al di là dei risultati, si ostina a ritenere necessaria una mia “dichiarazione di poetica”, leggerò quanto mi capitò di scrivere alcuni anni fa in occasione della pubblicazione di una antologia per così dire “astrologica”, che cioè raggruppava gli autori per segno zodiacale e alla quale ero stato invitato a partecipare.
“Per essere del tutto un toro - sono nato a maggio - ovvero così terreno e così epicureo (scrivevo dunque tra l’altro per quella simpatica antologia), non credo all’influenza degli astri sugli uomini, anzi, per la tendenza assai diffusa a scaricare sugli altri responsabilità personali, starei per dire che non credo alle influenze in generale. Ma questo, si sa, non è vero. Aggiungo che per, la struttura psico-caratteriale che mi ritrovo, non ho mai rischiato di passare nell’Olimpo dei grandi teorizzatori e dei sapienti paludati. Ho dato, ho lottato, ho affinato, ho sperimentato. Ma ho pure preso e – ahimè – a volte mi sono anche arreso e ho dimostrato di non aver capito nulla della vita…”.

E detto questo, davvero mi tacerei se non fossi tentato di comunicarvi anche una mia breve considerazione su certi inter-rogativi che circolano in modo sempre più insistente in margine alla presentazione di opere letterarie.

“Ma che vogliono questi letterati?...” e “Che ci fanno ancora in giro i poeti?...” oggi sono dunque in tanti a chiedersi.

Certo - e qui ha ragione il prof. Lovato - non è il caso della nostra bella serata, così intensa e così partecipata, ma intanto di fronte a questi interrogativi come si fa a non riconoscere in essi un segno della miseria dei nostri tempi; e come si fa, d’altra parte, a negare che, assuefatti come siamo ad assistere giorno dopo giorno ad avvenimenti di ben più grottesca natura, ci vuole ben altro per farci gridare allo scandalo?

E, d’altra parte, non è forse questo il paese in cui anche alte cariche dello stato hanno tra l’altro affermato che la cultura non riempie la pancia di nessuno?

Quanto a me, allora, so bene che la poesia non ha mai cambiato il mondo; so bene che non sono i poeti - come scrisse il nostro grande concittadino Giovanni Macchia - i tutori di questa terra; so bene insomma che non esiste al mondo cosa più inutile della poesia.

Ciononostante (e senza addentrarmi nella controversa questione dell’ufficio della letteratura, ma rischiando comunque di passare per un alieno) io credo che la poesia, per alcuni aspetti, o meglio se conserva in sé la sua particolare qualità di riscattare la parola (oggi quanto mai degradata e quanto mai avvelenata), io credo che la poesia (dicevo) è forse la risposta più adeguata non solo alla palude della volgarità e del cattivo gusto nella quale ci troviamo impantanati, ma anche al sempre più incalzante processo di uniformità sociale, allo schiavismo televisivo e alla dittatura dell’immagine che, prosciugando la parola, non solo la rende inutilizzabile per la comunicazione ma uccide anche il pensiero.

Per questo, dunque, la poesia si fa necessaria, per questo si fanno necessari i poeti. E per questo si fa necessaria la lettura pubblica dei testi – così come abbiamo fatto noi stasera - perché è anche nello svincolarsi dal testo scritto, nella conquista di una sua libera oralità, della sua realtà espressiva e comunicativa, che la poesia - come lo dimostra tra l’altro il grande successo delle letture dantesche di Roberto Benigni - ritrova oggi una sua più concreta ragion d’essere. Grazie.

* Intervento svolto nel corso della presentazione di “Estravaganti” alla Biblioteca comunale di Trani il 27 maggio 2011.