BENEMERENZE? OK, MA QUANTI SI SONO IGNORATI *


LETTERA AL “GIORNALE DI TRANI”


Caro direttore,

apprendo dal tuo giornale on line che l’Amministrazione comunale di Trani, con una cerimonia svolta in piazza Duomo la sera del 30 luglio scorso, ha finalmente dato concreta attuazione ad una delibera approvata ben cinque anni fa dal Consiglio comunale e con la quale si intende riconoscere civica benemerenza “a persone, enti, società, istituzioni che si siano particolarmente distinti nei diversi compiti e attività pubbliche e private”.
Naturalmente, come per tutte le iniziative atte a dare giusto risalto a cittadini tranesi che hanno illustrato la nostra città, mi congratulo con i premiati, alcuni dei quali mi onorano della loro amicizia, e mi compiaccio sinceramente con i promotori, ai quali tuttavia non posso fare a meno di chiedere per quali ragioni nell’elenco dei benemeriti (incomprensibilmente limitato, d’altra parte, ai professori universitari) non figurino anche i nomi dei seguenti accademici, anch’essi tranesi “per nascita o adozione’ e anch’essi meritevoli,in misura non certo inferiore, di essere insigniti della benemerenza “Sigillo della città”.

Luigi Blasucci, professore emerito di Letteratura italiana presso l’Università degli studi e la Scuola Normale Superiore di Pisa;
Franco Botta, professore ordinario di Economia del Lavoro e Politica Economica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bari;
Michele Bozzetti, professore di Antenne e Propagazione presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari.;
Franz Brunetti, professore emerito di Filosofia morale presso l’Università di Pavia,
Michele Canosa, professore ordinario di Storia del cinema presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna;
Franco Ciccarese, professore di Scienze e Tecnologia presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bari,
Antonio Liserre, professore ordinario di Diritto privato presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Cattolica di Milano;
Emanuela Scarano, professore ordinario di Letteratura Italiana preso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Pisa;
Tommaso Scarano, professore ordinario di Letteratura Ispano-americana presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università di Pisa.

E mi fermo qui e, con la speranza di saperne di più, ti saluto cordialmente,
Domenico di Palo


* In “Il Giornale di Trani”, 3 settembre 2010





PREFAZIONE A “DESTINAZIONE BRASILE” *

Nino Tritta non ha velleità letterarie; né, riconoscendosi, oltre quelle musicali, qualità stilistiche ed espressive speciali, ha deciso di dare una svolta alla sua vita e di intraprendere la carriera di scrittore.

Niente di tutto questo. Il cantautore tranese non presume tanto di sé, ma ha scritto questo libro semplicemente perché gli è venuta voglia di raccontare ad altri, amici e parenti, indigeni e foresti, un’esperienza da lui ritenuta straordinaria.

Così si è messo di buzzo buono, come dicono al Nord, e nel giro di qualche giorno eccolo alle prese con la storia del viaggio in Brasile da lui effettuato nel settembre del 2008 e che ha vissuto come la realizzazione di un sogno gelosamente custodito dentro di sé per tutta una vita.

Dire Brasile, infatti, e pensare al paese della bossa nova, di Joao Gilberto e Vinicius de Moraes, di Pelè Didì e Vavà, i mitici campioni del mondiale di calcio del ‘58, al paese dell’estro dell’allegria e del colore, della natura incontaminata, per Nino è sempre stato… naturale. Al punto che negli anni il desiderio “di andarci a vivere” in lui si è fatto sempre più grande, un desiderio che solo le responsabilità familiari - mi ha confessato - gli hanno impedito di realizzare.

Ed ecco che nel settembre del 2008, per una serie di circostanze un tempo impensabili, grazie ad un incontro on line, il sogno di una vita si è fatto realtà.

E’ successo, infatti, che qualche mese prima, nell’aprile del 2007, una senhora brasiliana, tale Orsola Tritta, sposata e impiegata presso una TV privata a Mauà, una frazione di San Paolo di ben 400.000 abitanti, incuriosita dall’omonimia, gli abbia, via e-mail, scritto di sé, delle sue origini pugliesi ed avanzato persino l’ipotesi di una sua lontana parentela. Un’ipotesi infondata, naturalmente. Di Tritta in Puglia ce n’è a bizzeffe, e non tutti i Tritta sono parenti.

Ma ormai il ghiaccio è rotto: per curiosità e per cortesia, ma soprattutto per passione tecnologica, la corrispondenza in internet va avanti, per più di un anno. Finché un bel giorno ecco per Nino l’invito a recarsi in Brasile, ospite della senhora Orsola, naturalmente.

“Ogni lasciata è perduta!” si dice dalle nostre parti quando si vuole giustificare una scelta…un po’ speciale. Ma per Antonio Tritta, ossia per Nino Turenum, si tratta anche di ben altro….

Ed è così che, messe da parte le ultime vecchie prudenze, eccolo senza indugi salire per la prima volta su un aereo e volare per diecimila chilometri verso il paese dei sogni, ospite di una famiglia della quale, in fondo, sa soltanto che porta il suo nome.

Questo libro è il diario, giornaliero, di questa avventura brasiliana, la storia di un incontro con personaggi singolari che si chiamano Orsola (la minha prima), Roberto (suo marito), Norma (la madre), Leda (l’amica del cuore) e Virginia, Luis, Marco Polo, Josè, Dedeus, Francisco, Josè; di escursioni mai deludenti a luoghi e a città dove a volte il sole brucia e dove si perde la cognizione del tempo, da Mauà a San Paolo, la megalopoli, da San Salvador di Bahìa, nello stato più africano di tutto il Brasile, a Barra, da Imbassai a Praia do Forte fino alla mitica Rio (il fiume di gennaio) e alla spiaggia di Copacabana; dell’esperienza di diverse abitudini gastro-nomiche e comportamentali; ma soprattutto della percezione acuta di un sentimento diffuso di allegria e gioia di vivere e di un senso squisito dell’ospitalità e della cortesia.

Non c’è gesto o parola degli amici brasiliani, infatti, che per Nino non sappia di questa allegria, di questa gioia di vivere, di questa ospitalità e di questa cortesia che - non è scritto ma mi pare sottinteso - ormai lo hanno così segnato da non potere quasi, sia pure inconsapevolmente, più farne a meno.

Non si spiegherebbe in altro modo, infatti, la sensazione, avvertita da lui il giorno del ritorno a casa, che “qualcosa non vada per il verso giusto”. Certi strani ritardi, quel susseguirsi di circostanze sfortunate che sortiscono l’effetto non solo di fargli perdere l’aereo per l’Italia ma di suggerirgli l’idea che “abbia vinto la macumba”, finiscono col tingere di giallo e rendere quindi ancora più intriganti le ultime pagine di questo diario. Che, in ogni caso, penso che si debba leggere soprattutto come una significativa testimonianza di come, parafrasando Montanelli, non sempre i sogni sono destinati a rimanere sogni, se quando meno te l’aspetti finiscono anche col realizzarsi.
Domenico di Palo


* Prefazione a “Destinazione Brasile - Diario di un viaggio nella terra del samba e della bossanova” di Antonio Tritta (Nino Turenum), stampalibri.it, Macerata, settembre 2009.

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