“RENATO E I GIACOBINI” ALLA LIBRERIA PALOMAR *

Soltanto poche parole, e innanzitutto per ringraziare il prof. Gaetano Bucci, che con la sua consueta efficacia discorsiva vi parlerà del mio ultimo libro “Renato e i giacobini”; l’Ufficio stampa della Palomar, e soltanto quello; e, naturalmente, tutti voi che davvero mi onorate con la vostra presenza.
Quanto al mio libro, poi, non credo di dovere dire molto.
Penso, infatti, che in queste occasioni l’autore, lasciando ai critici il compito di chiosare il suo testo, debba limitarsi (così come farò leggendovi alcune pagine del libro) a proporre un approccio diretto alla sua opera, anche per evitare di sovrapporre le intenzioni originarie ai risultati che, in fondo, sono quelli che contano.
Tuttavia, e con la speranza che possano in qualche modo essere utili, mi preme fare alcune precisazioni.
In “Renato e i giacobini”, (al di là del piacere di scrivere di un personaggio come Renato, che è un intellettuale di provincia con l’uzzolo della letteratura sempre vagheggiata e saltuariamente praticata, ironico e autoironico, narciso e istrione ma anche tenero e appassionato); in “Renato e i giacobini”, dunque, attraverso la parabola esistenziale del suo protagonista, attraverso i brandelli di vita, pubblica e privata, che Renato viene rievocando per accumulare il materiale necessario per il romanzo che ha deciso di scrivere, io ho voluto raccontare soprattutto la storia di una generazione, o meglio di un gruppo di giovanotti (i giacobini) che negli anni ’60 e ’70, con le loro debolezze e i loro slanci, hanno sognato di cambiare il mondo, e che purtroppo poco hanno stretto tra le mani, e che per questo, anche di fronte ai vizi e ai mali che ancora oggi incancreniscono il Sud Italia, hanno finito con l’assumere un atteggiamento mentale e una disposizione sentimentale ormai svuotati di illusioni e di inutili attese.
Di qui, allora, la sostanziale disinvoltura con la quale nel libro si affrontano i problemi, anche i più seri, e di qui la leggerezza e la sobrietà che sottendono i diversi temi che vi sono sviluppati, che siano amari o spiritosi, dall’infanzia di guerra agli anni della giovinezza inquieta, dalle grandi amicizie solidali all’impegno politico totale e alle grandi lotte ideali, dal degrado politico sociale ed esistenziale all’incipiente vecchiaia con le solitudini e le malat-tie.
Per prevenire, poi, una domanda che ormai mi fanno in molti sulla eventuale dimensione autobiografica del libro, dico subito che, certo, Renato sono io, ma soltanto al 5%, nel senso che il mio libro è sicuramente autobiografico, ma – come accade in un’opera letteraria – si tratta pur sempre di un’autobiografia filtrata o manipolata, per così dire, per esigenza… di copione.
In ogni caso, va bene così, e ognuno vi legga quello che vuole.
Per concludere permettetemi di comunicarvi che naturalmente sono felicissimo che il mio libro si legga – come mi riferiscono – tutto d’un fiato, e che piaccia molto anche agli “addetti ai lavori”.
Certo, so bene che per il successo editoriale, oggi, biso-gnerebbe scrivere soprattutto di commissari di polizia siciliani e di avvocati che fanno le loro belle indagini giudiziarie, o con-fezionare tormentate storie d’amore tra adulti e adolescenti.
Ma, come non c’è niente di male a fare tutto questo, non c’è niente di male a sperare, nel mio caso, in un colpo di…fortuna, e quindi a pensare che si possa essere letti anche scrivendo di personaggi come Renato e come i suoi amici “giacobini”.
E, detto questo, credo proprio che basti. Grazie.
Domenico di Palo


* Bari, 13 aprile 2007

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