Le vicende del Teatro Comunale di Trani in questi ultimi sessant’anni differiscono drammaticamente dalle connotazioni oleografiche che fornirono materia a Giuseppe Protomastro per la sua “Cronistoria del Teatro di Trani” (Vecchi 1899). Esse infatti testimoniano non solo il pressappochismo e l’incapacità di tutte le amministrazioni che si sono succedute in questo arco di tempo, ma soprattutto la mancanza di ogni sensibilità per la salvaguardia della nostra memoria storica. Si ha insomma l’impressione che un’orda di barbari sia calata sulla città per devastarla e cancellarne il passato.
La decadenza cominciò negli anni Trenta (l’ultimo spettacolo allestito nel glorioso teatro – una recita della Scuola Elementare “De Amicis” – è del 1932). I settantenni di oggi infatti fanno risalire a quegli anni le prime impressioni di un inspiegabile abbandono, di un’aria di smantellamento, di un senso di inservibilità. Né quindi troverebbe conferma la tesi dei danni irreparabili alla struttura del teatro provocati dalle bombe cadute sul porto il 27 aprile 1943, quelle bombe che all’Amministrazione Mongelli (1952 – 1957) servirono, ma invano, per chiedere “provvidenze per danni bellici”, e alla Giunta successiva, presieduta dal democristiano Luciano Nunziante (1957- 1961), come cinico alibi per l’abbattimento del teatro.
Ecco d’altra parte quanto si scriveva sul “Draghignazzo” del 6 febbraio 1949 a proposito del teatro. “Dopo queste considerazioni (in apertura si riassumevano i fasti ricordati da Protomastro), volgiamo lo sguardo al presente: oscuro presente per il Comunale! Lo si considera come un immobile qualunque di proprietà municipale e lo si destina agli usi svariati: bisogna distribuire le carte annonarie? Si va al Comunale! Si deve immagazzinare il materiale per l’illuminazione straordinaria della Città per le Feste Padronali? Si riaprono i cancelli del Comunale! Deh, perché non si fa del Comunale anche il centro di raccolta dei rifiuti cittadini?”.
Si tratta di un’osservazione profetica, si direbbe con il senno di poi. Ma non è questo che ci interessa, quanto il fatto che nel febbraio del ’49, nonostante le bombe cadute sei anni prima, il Teatro reggesse ancora! Così come reggeva nel 1952, quando su un fascicolo della “Voce di Trani” di quell’anno si legge testualmente. “L’iniziativa privata crea ritrovi su ritrovi, mentre il Comune lascia ancora una volta nel dimenticatoio la ricostruzione del teatro.Perché non chiedere un sussidio alla cassa del Mezzogiorno? O forse è troppo presto dato che la Cassa funzionerà per altri dieci anni? Ma noi crediamo che non dieci, ma dieci volte dieci anni trascorreranno finché nell’Amministrazione Comunale non vi siano uomini che tutti in perfetto accordo ravvedano non diciamo la necessità, ma semplicemente l’opportunità di salvare questo nobile Teatro, ormai destinato a sicura distruzione”.
Certo, per amore di verità, qui va ricordato che nel secondo dopoguerra, e nello spirito di rinascita democratica che interessò tutti i settori della vita comunitaria, non mancò da parte delle amministrazioni dell’epoca qualche tentativo di risolvere la questione del Teatro Comunale, sia pure affidandone la gestione a privati. Ne fa cenno infatti Raffaello Piracci che in un articolo apparso sul n. 2/1992 del “Tranesiere” così si esprime in proposito: “Il Comune, pare intorno al 1947, bandì una gara di appalto. Ma l’asta pubblica andò deserta per le onerose condizioni contemplate. Poi vi furono approcci di un non identificato ‘facoltoso cittadino’ che voleva assumersi l’onere di riadattare il Teatro e di gestirlo per un certo tempo. Ma non se ne fece nulla, perché sorsero dissensi col Comune, sempre in fatto di corrispettivo finanziario, ed anche fra l’aspirante concessionario ed il suo socio. Si parlava anche di ostacoli da parte della Soprintendenza ai Monumenti!… Ma onestamente di quest’ultima circostanza non trovo traccia sulla stampa locale. Forse ce n’è negli atti del Comune”.
E si arrivò così al settembre del 1958, una data certamente nefasta della storia cittadina, perché fu allora (Sindaco di Trani il dott. Luciano Nunziante) che il Teatro Comunale venne abbattuto. Né ci sembra che le motivazioni addotte (le conseguenze dell’incursione aerea) risultarono anche allora convincenti se il "Draghignazzo”, con un articolo in prima pagina amaramente intitolato “Perché?”, non solo si chiedeva ancora le ragioni di quel provvedimento, ma ne recriminava l’assurdità e la mostruosità.
Non le bombe, dunque, non i “gravi danni” provocati dalla guerra, né quindi gli ancora oggi millantati “motivi di sicurezza” furono la causa della demolizione del Teatro, ma soltanto l’imperdonabile insensibilità degli amministratori del tempo e la loro ineffabile insipienza che, purtroppo, trovarono alimento nel particolare contesto storico, assolutamente alieno da criteri conservativi. Ricorda infatti Piracci, nell’articolo da noi già citato, che “alla vigilia del boom economico degli anni Sessanta vigeva un criterio iconoclasta che consentì (tra l’altro) la costruzione di un fabbricato nuovo in Via Rodunto, nel cuore del centro storico, e la trasformazione di non pochi isolati in Corso e Piazza Vittorio Emanuele (oggi della Repubblica), in Via Giovanni Bovio, Piazza XX Settembre e via di seguito. Fu travolto dal piccone il complesso delle costruzioni a ridosso della Cattedrale verso il mare e persino il Monastero di Colonna stava subendo la stessa sorte…”.
E’così, dunque, che si conclude un capitolo della storia insensata del nostro Teatro comunale.
E di teatro a Trani non si parla più, se non in qualche articolo di “SINGOLARE/PLURALE” e in occasione della pubblicazione di qualche sua vecchia foto sulle pagine dello stesso periodico. Finché questa storia, nel settembre del 1985, ecco che torna ad appassionare (si fa per dire) l’opinione pubblica cittadina.
Sindaco di Trani Vincenzo Caruso, l’Amministrazione comunale decide infatti di costruire un teatro nel medesimo terreno su cui un tempo sorgeva quello demolito. Progettista e direttore dei lavori, subito appaltati, è l’architetto Vito Sangirardi.
Ma basta iniziarli questi lavori che una nuova fase di stallo, questa volta a causa dell’acqua ritrovata nel sottosuolo, ne dilata i tempi all’infinito. Già, nella meraviglia generale, o meglio soltanto degli “addetti a lavori”, si “è scoperto” che sotto Piazza Teatro c’è dell’acqua! E la scoperta naturalmente comporta nuovi problemi.
Eppure sarebbe stato sufficiente un preventivo rilievo idrogeologico, o per lo meno una più seria informazione sulle origini della città (non è forse sorta inter amnes?) per individuare o localizzarne la presenza. Ma dalle nostre parti invece capita che le indagini geologiche-geotecniche delle aree interessate a nuove costruzioni si facciano a lavori già avviati; e quanto alle origini della città, si sa, qui si è ancora fermi alla leggenda di Turenum.
Ma non c’è nulla d’irrimediabile, naturalmente, e soprattutto quando “dietro l’angolo” si prospetta la possibilità di “attingere” nuove risorse alle finanze pubbliche.
Così sono stanziati altri settecentocinquanta milioni (!) per una “soluzione intermedia”: Si acquistano “micropali armati con tubi di acciaio valvolati” e li si conficcano inesorabilmente nel terreno dell’immensa voragine spalancata nella piazza…
Il resto è storia recente. La decantata “soluzione intermedia” si prolunga nel tempo, dura circa dieci anni, fino a trasformare progressivamente Piazza Teatro in una pattumiera in pieno centro, in un’archeobuca maleodorante perché “ricettacolo di rifiuti di ogni specie (cfr. la Relazione dell’Ufficio Sanitario), e a testimoniare l’inettitudine e la pratica intrallazzatrice di certi amministratori, per fortuna mandati a casa dal Decreto di scioglimento del Consiglio Comunale del 10 dicembre 1993.
Finché ci piace ricordarlo, anche per l’intervento di questa associazione culturale (vedi tra l’altro il nostro articolo su “Bombo notizie” del dicembre 1993, in parte ripubblicato sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”), la Commissione straordinaria insediatasi a Trani all’indomani dello scioglimento del Consiglio Comunale colma la voragine e restituisce la piazza alla città e ai suoi abitanti, quella piazza nella quale questa associazione ha voluto organizzare nell’ottobre scorso il Simposio Internazionale di scultura all’aperto per stimolare la discussione non solo sulla sua futura destinazione ma in genere sull’utilizzo dei luoghi pubblici e dei centri storici.
E non si può dire che la discussione sia mancata e che essa non abbia prodotto risultati, ovvero suggerimenti, proposte.
I numerosi visitatori del Simposio infatti, a larga maggioranza (come è testimoniato dal libro delle firme e delle proposte tenuto per l’occasione), si sono espressi (condividendo in ciò la nostra posizione) per un “anfiteatro all’aperto”, per “un’arena per spettacoli e concerti”, per una piazza insomma che resti piazza ma insieme luogo deputato alla cultura e all’arte.
Ed è questa la proposta che oggi, provocati dalla “consultazione” promossa dalla Commissione straordinaria, torniamo a formulare ufficialmente e a suggerire di far propria anche a tutte le associazioni culturali della città.
Le dolorose vicende del Teatro Comunale, che qui abbiamo voluto riassumere, la mala sorte toccata per anni a questa piazza, i tentativi falliti di porre rimedio ad una situazione fatta diventare irrimediabile, ci hanno convinto che questa è la strada più facilmente percorribile. E al di là di ogni giudizio di merito sul progetto Sangirardi, che in ogni caso riteniamo inadeguato al contesto ambientale e comunque ormai poco funzionale.
Certo, ci viene ricordato che il Piano particolareggiato del centro storico, in fase di approvazione, conferma per questa piazza la previsione di ricostruzione del Teatro. Ma allora, ci chiediamo, che senso avrebbe questa consultazione, che d’altra parte, riproponendo il problema avulso da ogni prospettiva di sviluppo della città e quindi da ogni progetto più articolato di risanamento e di riuso del centro storico, ci sembra in ogni caso oziosa?
E certo: avvertiamo drammaticamente (e chi più di noi?) la mancanza a Trani di più idonei contenitori culturali; ma si cerchi altrove la soluzione, che già la nostra città, dal Castello Svevo al Monastero di Santa Chiara all’ex convento degli Agostiani di Piazza Indipendenza, potrebbe offrire. E si lasci Piazza Teatro al suo malaugurato ma ormai inesorabile destino di piazza, e, costruendovi un agile anfiteatro, che della piazza preservi comunque la sua attuale struttura, la si valorizzi per come, realisticamente, oggi è possibile valorizzarla.
Domenico di Palo
* Scritto su incarico dell’Associazione culturale “La Maria del porto” nel dicembre del 1994, in occasione della consultazione promossa dalla Commissione Straordinaria al Comune di Trani sulla destinazione d’uso di Piazza Teatro in questa città.
La decadenza cominciò negli anni Trenta (l’ultimo spettacolo allestito nel glorioso teatro – una recita della Scuola Elementare “De Amicis” – è del 1932). I settantenni di oggi infatti fanno risalire a quegli anni le prime impressioni di un inspiegabile abbandono, di un’aria di smantellamento, di un senso di inservibilità. Né quindi troverebbe conferma la tesi dei danni irreparabili alla struttura del teatro provocati dalle bombe cadute sul porto il 27 aprile 1943, quelle bombe che all’Amministrazione Mongelli (1952 – 1957) servirono, ma invano, per chiedere “provvidenze per danni bellici”, e alla Giunta successiva, presieduta dal democristiano Luciano Nunziante (1957- 1961), come cinico alibi per l’abbattimento del teatro.
Ecco d’altra parte quanto si scriveva sul “Draghignazzo” del 6 febbraio 1949 a proposito del teatro. “Dopo queste considerazioni (in apertura si riassumevano i fasti ricordati da Protomastro), volgiamo lo sguardo al presente: oscuro presente per il Comunale! Lo si considera come un immobile qualunque di proprietà municipale e lo si destina agli usi svariati: bisogna distribuire le carte annonarie? Si va al Comunale! Si deve immagazzinare il materiale per l’illuminazione straordinaria della Città per le Feste Padronali? Si riaprono i cancelli del Comunale! Deh, perché non si fa del Comunale anche il centro di raccolta dei rifiuti cittadini?”.
Si tratta di un’osservazione profetica, si direbbe con il senno di poi. Ma non è questo che ci interessa, quanto il fatto che nel febbraio del ’49, nonostante le bombe cadute sei anni prima, il Teatro reggesse ancora! Così come reggeva nel 1952, quando su un fascicolo della “Voce di Trani” di quell’anno si legge testualmente. “L’iniziativa privata crea ritrovi su ritrovi, mentre il Comune lascia ancora una volta nel dimenticatoio la ricostruzione del teatro.Perché non chiedere un sussidio alla cassa del Mezzogiorno? O forse è troppo presto dato che la Cassa funzionerà per altri dieci anni? Ma noi crediamo che non dieci, ma dieci volte dieci anni trascorreranno finché nell’Amministrazione Comunale non vi siano uomini che tutti in perfetto accordo ravvedano non diciamo la necessità, ma semplicemente l’opportunità di salvare questo nobile Teatro, ormai destinato a sicura distruzione”.
Certo, per amore di verità, qui va ricordato che nel secondo dopoguerra, e nello spirito di rinascita democratica che interessò tutti i settori della vita comunitaria, non mancò da parte delle amministrazioni dell’epoca qualche tentativo di risolvere la questione del Teatro Comunale, sia pure affidandone la gestione a privati. Ne fa cenno infatti Raffaello Piracci che in un articolo apparso sul n. 2/1992 del “Tranesiere” così si esprime in proposito: “Il Comune, pare intorno al 1947, bandì una gara di appalto. Ma l’asta pubblica andò deserta per le onerose condizioni contemplate. Poi vi furono approcci di un non identificato ‘facoltoso cittadino’ che voleva assumersi l’onere di riadattare il Teatro e di gestirlo per un certo tempo. Ma non se ne fece nulla, perché sorsero dissensi col Comune, sempre in fatto di corrispettivo finanziario, ed anche fra l’aspirante concessionario ed il suo socio. Si parlava anche di ostacoli da parte della Soprintendenza ai Monumenti!… Ma onestamente di quest’ultima circostanza non trovo traccia sulla stampa locale. Forse ce n’è negli atti del Comune”.
E si arrivò così al settembre del 1958, una data certamente nefasta della storia cittadina, perché fu allora (Sindaco di Trani il dott. Luciano Nunziante) che il Teatro Comunale venne abbattuto. Né ci sembra che le motivazioni addotte (le conseguenze dell’incursione aerea) risultarono anche allora convincenti se il "Draghignazzo”, con un articolo in prima pagina amaramente intitolato “Perché?”, non solo si chiedeva ancora le ragioni di quel provvedimento, ma ne recriminava l’assurdità e la mostruosità.
Non le bombe, dunque, non i “gravi danni” provocati dalla guerra, né quindi gli ancora oggi millantati “motivi di sicurezza” furono la causa della demolizione del Teatro, ma soltanto l’imperdonabile insensibilità degli amministratori del tempo e la loro ineffabile insipienza che, purtroppo, trovarono alimento nel particolare contesto storico, assolutamente alieno da criteri conservativi. Ricorda infatti Piracci, nell’articolo da noi già citato, che “alla vigilia del boom economico degli anni Sessanta vigeva un criterio iconoclasta che consentì (tra l’altro) la costruzione di un fabbricato nuovo in Via Rodunto, nel cuore del centro storico, e la trasformazione di non pochi isolati in Corso e Piazza Vittorio Emanuele (oggi della Repubblica), in Via Giovanni Bovio, Piazza XX Settembre e via di seguito. Fu travolto dal piccone il complesso delle costruzioni a ridosso della Cattedrale verso il mare e persino il Monastero di Colonna stava subendo la stessa sorte…”.
E’così, dunque, che si conclude un capitolo della storia insensata del nostro Teatro comunale.
E di teatro a Trani non si parla più, se non in qualche articolo di “SINGOLARE/PLURALE” e in occasione della pubblicazione di qualche sua vecchia foto sulle pagine dello stesso periodico. Finché questa storia, nel settembre del 1985, ecco che torna ad appassionare (si fa per dire) l’opinione pubblica cittadina.
Sindaco di Trani Vincenzo Caruso, l’Amministrazione comunale decide infatti di costruire un teatro nel medesimo terreno su cui un tempo sorgeva quello demolito. Progettista e direttore dei lavori, subito appaltati, è l’architetto Vito Sangirardi.
Ma basta iniziarli questi lavori che una nuova fase di stallo, questa volta a causa dell’acqua ritrovata nel sottosuolo, ne dilata i tempi all’infinito. Già, nella meraviglia generale, o meglio soltanto degli “addetti a lavori”, si “è scoperto” che sotto Piazza Teatro c’è dell’acqua! E la scoperta naturalmente comporta nuovi problemi.
Eppure sarebbe stato sufficiente un preventivo rilievo idrogeologico, o per lo meno una più seria informazione sulle origini della città (non è forse sorta inter amnes?) per individuare o localizzarne la presenza. Ma dalle nostre parti invece capita che le indagini geologiche-geotecniche delle aree interessate a nuove costruzioni si facciano a lavori già avviati; e quanto alle origini della città, si sa, qui si è ancora fermi alla leggenda di Turenum.
Ma non c’è nulla d’irrimediabile, naturalmente, e soprattutto quando “dietro l’angolo” si prospetta la possibilità di “attingere” nuove risorse alle finanze pubbliche.
Così sono stanziati altri settecentocinquanta milioni (!) per una “soluzione intermedia”: Si acquistano “micropali armati con tubi di acciaio valvolati” e li si conficcano inesorabilmente nel terreno dell’immensa voragine spalancata nella piazza…
Il resto è storia recente. La decantata “soluzione intermedia” si prolunga nel tempo, dura circa dieci anni, fino a trasformare progressivamente Piazza Teatro in una pattumiera in pieno centro, in un’archeobuca maleodorante perché “ricettacolo di rifiuti di ogni specie (cfr. la Relazione dell’Ufficio Sanitario), e a testimoniare l’inettitudine e la pratica intrallazzatrice di certi amministratori, per fortuna mandati a casa dal Decreto di scioglimento del Consiglio Comunale del 10 dicembre 1993.
Finché ci piace ricordarlo, anche per l’intervento di questa associazione culturale (vedi tra l’altro il nostro articolo su “Bombo notizie” del dicembre 1993, in parte ripubblicato sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”), la Commissione straordinaria insediatasi a Trani all’indomani dello scioglimento del Consiglio Comunale colma la voragine e restituisce la piazza alla città e ai suoi abitanti, quella piazza nella quale questa associazione ha voluto organizzare nell’ottobre scorso il Simposio Internazionale di scultura all’aperto per stimolare la discussione non solo sulla sua futura destinazione ma in genere sull’utilizzo dei luoghi pubblici e dei centri storici.
E non si può dire che la discussione sia mancata e che essa non abbia prodotto risultati, ovvero suggerimenti, proposte.
I numerosi visitatori del Simposio infatti, a larga maggioranza (come è testimoniato dal libro delle firme e delle proposte tenuto per l’occasione), si sono espressi (condividendo in ciò la nostra posizione) per un “anfiteatro all’aperto”, per “un’arena per spettacoli e concerti”, per una piazza insomma che resti piazza ma insieme luogo deputato alla cultura e all’arte.
Ed è questa la proposta che oggi, provocati dalla “consultazione” promossa dalla Commissione straordinaria, torniamo a formulare ufficialmente e a suggerire di far propria anche a tutte le associazioni culturali della città.
Le dolorose vicende del Teatro Comunale, che qui abbiamo voluto riassumere, la mala sorte toccata per anni a questa piazza, i tentativi falliti di porre rimedio ad una situazione fatta diventare irrimediabile, ci hanno convinto che questa è la strada più facilmente percorribile. E al di là di ogni giudizio di merito sul progetto Sangirardi, che in ogni caso riteniamo inadeguato al contesto ambientale e comunque ormai poco funzionale.
Certo, ci viene ricordato che il Piano particolareggiato del centro storico, in fase di approvazione, conferma per questa piazza la previsione di ricostruzione del Teatro. Ma allora, ci chiediamo, che senso avrebbe questa consultazione, che d’altra parte, riproponendo il problema avulso da ogni prospettiva di sviluppo della città e quindi da ogni progetto più articolato di risanamento e di riuso del centro storico, ci sembra in ogni caso oziosa?
E certo: avvertiamo drammaticamente (e chi più di noi?) la mancanza a Trani di più idonei contenitori culturali; ma si cerchi altrove la soluzione, che già la nostra città, dal Castello Svevo al Monastero di Santa Chiara all’ex convento degli Agostiani di Piazza Indipendenza, potrebbe offrire. E si lasci Piazza Teatro al suo malaugurato ma ormai inesorabile destino di piazza, e, costruendovi un agile anfiteatro, che della piazza preservi comunque la sua attuale struttura, la si valorizzi per come, realisticamente, oggi è possibile valorizzarla.
Domenico di Palo
* Scritto su incarico dell’Associazione culturale “La Maria del porto” nel dicembre del 1994, in occasione della consultazione promossa dalla Commissione Straordinaria al Comune di Trani sulla destinazione d’uso di Piazza Teatro in questa città.
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